giovedì 21 giugno 2012

La Storia si ripete


Auguste Couder: Versailles, 5 maggio 1789, apertura degli Stati Generali

“Gli abitanti della comunità chiedono che vengano soppresse le imposte arbitrarie da cui il popolo si trova oppresso e che i tributi riconosciuti indispensabili vengano ripartiti su tutti i cittadini senza distinzione”. Erano queste le parole che si leggevano sulle righe dei cahiers de doléances del 1789 in Francia.

Les cahiers de doléances (i quaderni delle lamentele) erano registri in cui venivano annotate, a livello locale,  le critiche e le lamentele che, nel 1789, in un clima di profonda crisi economica, sociale, culturale e politica assunsero valore di  sondaggio popolare in Francia. Una sorta di denuncia sociale. Il popolo francese era oramai stanco delle condizioni imposte  dall’Ancien Régime e la stesura di questi quaderni fu la chiara manifestazione della sua ribellione contro le ingiustizie che continuamente era costretto a subire.


I primi cahiers risalgono al XIV secolo, ma i più famosi restano quelli del 1789, in seguito alla consultazione generale voluta da Luigi XVI per la convocazione degli Stati Generali.


Gli Stati Generali era l’organo rappresentativo delle tre classi sociali (Clero, Nobiltà e Terzo Stato) finalizzato a risolvere la grave crisi che affliggeva già da anni la Francia.

Erano stati convocati l'8 agosto 1788 dall’imperatore allo scopo di raggiungere un accordo tra le classi sociali. Gli S.G. inaugurati il 5 maggio 1789 furono gli ultimi dell'Ancien Régime, crollato a seguito della Rivoluzione Francese.


La crisi finanziaria dello Stato francese aveva origini lontane. Il debito pubblico era già consistente durante il regno di Luigi XIV e continuò a crescere sotto il regno di Luigi XV a causa degli sprechi, dei privilegi e delle esenzioni di cui godeva la nobiltà.

La conseguenza fu un forte rallentamento dello sviluppo economico che portò le classi sociali alla miseria e le finanze statali al tracollo. 

Luigi XVI (1774-1793) subito dopo la sua ascesa al trono comprese che bisognava dare una svolta decisiva a tutta la politica economica e a quella delle finanze dello stato, così chiamò a dirigere le finanze il giurista francese, Malesherbes e il ministro Turgot che, oltre un filosofo era un economista di notevole levatura. 

Il loro ingresso nel piano della politica economica finalizzato a risanare le disastrose finanze dello stato suscitò grande entusiasmo dell'opinione liberale. Mll le Lespinasse,a tale proposito, così scrisse ad un amico: "Oh, certamente, siate sicuro che il bene verrà e che ci verrà bene  perché sono i lumi che dirigeranno le virtù e l'amore per il bene pubblico. Mai due uomini più virtuosi, più disinteressati, più attivi sono stati riuniti ed animati più fortemente di un interesse più grande e più elevato. Vedrete, il loro ministero lascerà una traccia profonda nello spirito degli uomini".  

Quando però, per risanare le finanze del Paese, Turgot propose la più ovvia e ragionevole delle soluzioni, cioè quella di far pagare le tasse anche alla nobiltà e al clero, la violenta reazione nobiliare, guidata dalla stessa regina Maria Antonietta, indusse il sovrano ad allontanare dalla politica economica il  ministro. L'Imposta Fondiaria Unica, creata da Turgot,
aveva trovato una forte opposizione all'interno dei ceti privilegiati, la nobiltà e il clero, del resto erano loro a detenere la maggior parte dei terreni e quindi ad essere colpiti  dalla riforma Turgot. 

Negli anni successivi la situazione si aggravò sempre di più nelle mani di un nuovo controllore delle finanze, il ginevrino Necker, banchiere, che venne subito licenziato dopo la resa pubblica - nel Compte rendu au Roi ( Rendiconto del re), per aver ampiamente falsificato il bilancio reale allo scopo di nascondere il defecit, ormai diventato pauroso.  
Nel 1787, lo stesso Calonne, anch'egli ministro delle finanze, volle convocare un'assemblea di notabili per affrontare una buona volta il problema dell'equiparazione fiscale, ma le classi dell'aristocrazia e dell'alto clero, si opposero fermamente, convinte di poter riconquistare i loro antichi privilegi. Questo irrigidimento della aristocrazia, cosiddetto "rivoluzione aristocratica" caratterizzò gli anni 1787-88 e in realtà accelerò il processo storico che portò ad una vera e propria rivoluzione, ossia alla decisiva Rivoluzione Francese. 

Fin dagli esordi, dunque, il processo di riforma e di rinnovamento del sistema francese, conteneva un elemento di ambiguità e di contrasto destinato a caratterizzare lo svolgimento degli aventi politici degli anni immediatamente successivi: da una parte una nobiltà di toga e di spada chiusa in un ostinato conservatorismo e dall'altra parte una borghesia (guida del terzo stato) attiva e intelligente che intendeva assumere funzioni e responsabilità politiche dirette, trasformando la monarchia assoluta di Francia in monarchia costituzionale. 


Il 5 maggio  1789, a Versailles, in un clima di attesa e di entusiasmo si riunivano gli Stati Generali che raccoglievano i rappresentanti dei tre ordini (Clero, Aristocrazia, Terzo Stato) per affrontare la crisi finanziaria che stava mandando in rovina la Francia. 
Gli eletti del Terzo Stato portavano dalle città e dalle province i cosiddetti "cahiers de doléances"   in cui venne stilato un elenco di soprusi a cui contadini e borghesi erano ancora sottoposti. 

Ogni ordine si riuniva in una camera separata dagli altri due Stati. I rappresentanti del Terzo Stato proponevano che la verifica dei poteri avvenisse con i tre ordini riuniti e che il sistema di votazione non fosse per ordine ma per testa, onde evitare che nobiltà e clero alleati potessero avere sempre la maggioranza. 

In realtà, i rappresentanti del Terzo Stato avvertivano chiaramente che da questo problema procedurale dipendeva tutto il destino della lotta intrapresa, tanto più che fin dalla prima seduta era palesemente apparso a tutti che il sovrano e i suoi ministri non intendevano andare oltre una semplice riforma finanziaria e che, di conseguenza, se il Terzo Stato non avesse  fatto sentire il peso della sua voce in modo perentorio, tutto sarebbe rimasto praticamente come prima. Pertanto il Terzo Stato si rifiutò di accettare le decisioni prese separatamente dagli altri due Stati e con un atto audacemente innovatore e rivoluzionario si autoproclamò l'unico vero rappresentante degli interessi e delle aspirazioni di tutta la nazione, assumendo il nome di Assemblea Nazionale, determinando così la fine degli Stati Generali.  



Giuramento della Pallacorda

A nulla valsero i tentativi di blocco da parte degli atri due Stati, né l'intervento regio ebbe successo; i membri della nuova Assemblea si riunirono in piedi nel salone della Pallacorda decisi a non subire imposizioni da nessuno, e lì, in presenza del presidente Bailly, giurarono di non separarsi fino a quando non avessero dato una nuova costituzione alla Francia. 
La solennità di questo atto coraggioso e audace fu così scolpita dallo storico francese Quinet: "La semplicità delle cose, delle forme, degli oggetti accrebbe la grandezza del momento. Le mura disadorne si illuminarono; la libertà sorse nella nudità della Pallacorda come il Figlio di Dio sulla paglia della stalla".  - Inutile dare una mia considerazione personale, è uno dei pensieri più belli che io abbia mai letto in vita mia!  

Il 14 luglio 1789 ebbe inizio la Rivoluzione Francese con la  presa della Bastiglia, qui le guardie  si uniscono ai rivoluzionari francesi e la fortezza venne smontata pietra dopo pietra e cancellata dalla storia. Venne proclamata la libertà di culto e di stampa e, finalmente, redatta la "Dichiarazione dei Diritti dell'Uomo e del Cittadino".

In realtà la Rivoluzione Francese non era solo un fatto che riguardasse la Francia; questo rivolgimento, nato da ideali di libertà e di giustizia sperati ed elaborati da tutta quanta la cultura europea del '700, era già stato preceduto da alcuni moti di inquietudine che avevano percorso il continente europeo. 

Anche l'Italia accolse le novità apportate dalla rivoluzione. Condivisioni si diffusero tra borghesi e intellettuali e, in certi casi, anche da parte delle popolazioni rurali  che diedero spesso manifestazioni pubbliche di solidarietà con quanto stava accadendo in Francia. 
Le conseguenze immediate e vantaggiose della rivoluzione furono l'abolizione della monarchia assoluta e quella dei privilegi feudali; la servitù, i tributi e le decime furono soppressi e i grandi possedimenti vennero frazionati e distribuiti secondo un principio equo di tassazione. 

Molti uomini di cultura, di sentimenti patriottici e liberali presero coscienza che anche in Italia si doveva e si poteva tentare una trasformazione che riguardasse l'ambito politico, economico e sociale.  

E' molto ricorrente fare il confronto tra l'attuale crisi politico -economica e finanziaria e quella  del passato.
Infatti, considerazioni di carattere storico-politico, sociale ed economico possono essere elaborate solo studiando nei particolari la storia del passato, poiché, la storia si ripete.

Continua . . .

Elvira Nania









 

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