Come già
detto, nel post precedente, La Valle dei
Templi di Agrigento è uno dei cinque siti archeologici più
rappresentativi della civiltà greca in Sicilia che dal 1998 è stato inserito
dall' UNESCO nella Lista del Patrimonio Mondiale dell’Umanità. E’ una
delle mete turistiche più ambite dell’isola.
Su un
magnifico costone roccioso tra campagne di mandorli e fiori si allineano i
resti di sette Templi, in stile dorico, edificati a
partire dal V secolo a. C. Tra questi spicca il Tempio
della Concordia (vedi Tour Culturale in Sicilia, Parte II) che si
presenta meglio conservato (praticamente integro) rispetto gli altri di cui
restano i colossali resti che documentano una parte storica della Sicilia
classica.
Si vuole continuare il percorso culturale con una breve descrizione degli altri Templi presenti nella Valle dei Templi di Agrigento.
Il Tempio
di Eracle (Ercole) che è il più
antico e il Tempio di Zeus Olimpico (Giove) caratterizzato da
telamoni, enormi sculture dalle sembianze umane. In questo maestoso panorama spiccano anche le vestigia del Tempio di Giunone, del Tempio dei Dioscuri,
del Tempio di Efesto (Vulcano) e del Tempio di Esculapio.
Il Tempio di Ercole (Eracle)
Il Tempio di Ercole, costruito verso la fine del VI sec. a. C.
sorge nelle vicinanze di Villa Aurea. E’ uno dei più antichi templi dorici di
Agrigento, anteriore perfino a quello di Giove. Il tempio di Ercole è famosissimo nella storia
della Sicilia per la maestosità delle sue proporzioni. All’interno custodiva la bella
statua bronzea di Ercole venerata dai fedeli e che, invano Verre – al dire di
Cicerone – tentò di rapire per fonderla e farne moneta. Della struttura originaria restano in piedi solo
otto colonne del lato sud-ovest, rialzate nel 1924. Come quasi tutti i
primitivi templi dorici, anche questo era periptero-esastilo-hipetras,
cioè a colonnati e scoperto, ma aveva quindici colonne, anziché quattordici,
sui lati lunghi. Le rovine della cella mostrano chiaramente che la sua
distruzione fu causata da un terremoto. Il Tempio misurava in lunghezza metri
73,42 e in larghezza metri 27,56 e le colonne erano alte più di dieci metri. In epoca
romana, la parte occidentale della cella fu tripartita, forse perché l’edificio
fu destinato al culto di una Triade Divina.
Cicerone dice che
" il tempio di Ercole non è lontano dal foro" ed il foro di Akragas,
ritrovato pochi anni fa, ha dato infatti ragione a Cicerone.
Tempio di Giove (Zeus) Olimpico
Il tempio di Giove (Zeus) Olimpico, secondo Diodoro
Siculo, fu costruito intorno al 480 a. C. dopo la vittoria conseguita sui Cartaginesi a Himera, ma non fu
mai portato a termine. Esso sarebbe stato il tempio più grande, mai costruito
dai greci. Il suo basamento misura 113,45 x 56,30 metri. Infatti,
il tempio di Zeus, per le sue proporzioni, rappresentava un monumento di vittoria innalzato come offerta di ringraziamento a
Zeus. Edificato in stile dorico era di forma pseudo-periptera, vale a dire non circondato da colonne libere,
bensì da semicolonne, sette nei lati brevi e quattordici nei lati lunghi, che
ritmavano lo sviluppo di un muro continuo, nel quale le semicolonne inserite si
trasformavano in pilastri quadrangolari verso l'interno. Vi erano collocate delle gigantesche figure maschili (lunghe m. 7,61) chiamate
Telamoni o Atlanti, che davano l’impressione di reggere l’intero peso dell’architrave.
Oggi rimangono pochi ruderi di questo tempio. Lo storico Tommaso
Fazello, il quale può dirsi lo scopritore del grandioso monumento, ci dice che gli
ultimi resti caddero a terra il 9 Dicembre 1401. Alcuni dei resti vennero utilizzati, ai tempi di Carlo III di
Borbone, per costruire il molo del porto di Porto Empedocle.
Il Tempio di Giunone
Il tempio di Giunone
(moglie di Zeus-Giove) sorge, imponente e solitario, sul lato est della Collina dei Templi. Esso venne edificato tra il 460 e il 450
a. C. e la sua struttura in stile dorico è
basata su stilobate a quattro gradini ed è periptero-esastila. Le sue colonne erano caratterizzate da venti scanalature
e quattro tamburi. Il perimetro era costituito da sei colonne su un lato e
tredici sull’altro. L'interno era
suddiviso in tre vani: quello centrale (Cella o Nàos) era preceduto da un atrio
di ingresso (Prònao) e seguito da un vano posteriore (Opistòdomo); questi
ultimi avevano due colonne antistanti. Ai lati della porta della cella si
trovavano le scale d’accesso al tetto. La superficie di alcuni blocchi
arrossati mostra i segni dell'incendio, forse riconducibile alla distruzione di
Akràgas compiuta dai Cartaginesi nel 406 a.C. Il Tempio misurava in lunghezza metri 40,98, in
larghezza 19,53 con una cella lunga metri 21,84 e larga 9,30.
Il tempio conteneva un
magnifico capolavoro d’arte: il famoso quadro di Giunone, del grande artista
Zeusi, che per realizzarlo si ispirò alle bellezze di cinque vergini
akragantine. Al tempio e al quadro è legata la triste vicenda della morte di
Gellia, il quale, temendo che il quadro di Zeusi potesse finire in mano ai suoi
nemici, appiccò il fuoco al tempio e si buttò in mezzo alle fiamme portando con
sé il quadro.
Il Tempio dei Dioscuri (Castore e Polluce)
Il Tempio di
Dioscuri, anch’esso rivolto ad oriente, risale al IV secolo a. C. Questo
caratteristico monumento è divenuto il
simbolo turistico di Agrigento. Gli agrigentini sono soliti chiamarlo “le tre colonne” anche
se ne possiede quattro. Effettivamente una prima ricostruzione iniziata nel
secolo scorso aveva portato ad innalzare tre colonne mentre la quarta
venne rialzata più tardi. La sua alta
piattaforma, montata su tre gradoni estesi all’interno del perimetro, misurava m.
34,12 in lunghezza e m. 15,86 in larghezza, poco meno di un doppio quadrato che occupava una
superficie di mq. 541,143. Delle 34 colonne, solo quattro si innalzano fra tutte
quelle rovine. Lo spigolo del tempio evidenzia un bellissimo rosone, simbolo di
Rodi. Ai 4 lati del tetto si notano esemplari di
grondaia dalla forma a testa di leone con la lingua rossa. Il ruolo della
figura del leone, di cui questo tempio come quello di Demetra e di Ercole si
avvaleva, era sopratutto quello di spaventare le potenze del male e di
allontanarle.
Sebbene si tratti di un piccolo tempio, è uno
dei più immortalati da parte dei turisti. Castore
e Polluce erano due gemelli nati dall’unione di Leda, la bella regina di
Sparta, con Giove, mutandosi in cigno. Castore era mortale mentre Polluce
era immortale. La leggenda vuole che quando Castore morì, Polluce chiese al
padre di renderlo mortale per poter riunirsi al fratello. Zeus lo esaudì
e fece in modo che i due tornassero alla vita alternativamente, un giorno
ciascuno. Furono inoltre posti nella costellazione dei Gemelli dove, quando una
stella muore, ne nasce un’altra.
Il Tempio di (Efesto) Vulcano
Il Tempio di Vulcano
sorge su uno sperone di roccia a ovest della Collina dei Templi. Nell'ordine
cronologico è l'ultimo dei templi agrigentini poiché risale alla fine del V
secolo a. C. Era esastilo-periptero con una peristasi di 34 colonne alte m 6,4 e formato da 5 rocchi tufacei; misurava m 43 x 20,85. Il suo stile
dorico risente qualche influsso dello stile ionico. Infatti, gli spigoli esistenti fra le scanalature
delle colonne non sono aguzzi, come in tutti gli altri templi,
ma piatti tipici dell'ordine ionico. Di questo monumento ci rimangono
pochissimi elementi: due tronche colonne, la sesta del alto sud-ovest e quella
dell'angolo nella parte orientale; l'incompleto basamento e le fondazioni. Il
tempio offre la rara possibilità di osservare nel lato sud-ovest due tamburi di
colonne in cui non sono state realizzate le scanalature. Numerosi restauri sono
stati eseguiti a partire dal 1928-29 quando furono rimosse le case coloniche
addossate al tempio, sino agli ultimi interventi di tipo statico e conservativo
delle superfici lapidee. Il tempio può dirsi
con certezza intitolato a Vulcano, per il fatto di essere vicino, come Solino
descrive, al lago che fece dire fandonie sull'olio galleggiante sull'acqua non
solo agli antichi ma anche ai moderni scrittori. Efesto, che i romani identificarono con
Vulcano, era il dio del lavoro e dell'industria. Brutto e zoppo sposò Venere,
che gli fu infedele. Aveva un'officina sotto il monte Etna, dove, aiutato dai
Ciclopi, fabbricava i fulmini a Giove.
Il Tempio di Esculapio
Il Tempio di Esculapio (Asclepio) venne
costruito intorno alla seconda metà del V secolo a. C. al di fuori le mura dell’antica
città, sulla riva destra del fiume Akragas. Il suo stile è dorico, la sua forma
pseudo-doppio in antis, aveva cioè due false colonne in ciascuna delle due
facciate. Il Tempio
presenta due sale: un atrio di ingresso (pronao) preceduto da due colonne e un
vano rettangolare (naos) la cui parete posteriore é caratterizzata esternamente
da due mezze colonne scanalate. Nel temenos del tempio sono visibili i resti
degli edifici che costituivano l'ospedale del tempo. E' noto da fonti storiche che questo tempio era luogo di pellegrinaggio e
che accorresse un gran numero di malati e infermi per chiedere di essere guariti. Tra
gli ex-voto rinvenuti nel corso degli scavi, numerosi sono i cosiddetti
"votivi anatomici" in terracotta, tipici del culto di Asclepio, che
rappresentano in scala ridotta parti del corpo umano, dedicate al dio come
ringraziamento o preghiera per una guarigione ottenuta o richiesta. All'interno del Tempio si custodiva una pregevole statua di Apollo, opera
del famoso scultore greco Mirone, che volle contraddistinguerla iscrivendo su una
gamba il suo nome con minutissime lettere d'argento. La statua venne rapita una
prima volta dai Cartaginesi, che la restituirono dopo la battaglia di Zama, e
poi, in modo definitivo dal console romano Verre. Sul nome di questo tempio non
esistono dubbi: infatti lo storico romano Polibio, narrando la seconda guerra
punica, dice che i romani, per assediare la città tenuta dai cartaginesi,
divisero il loro esercito in due part: la prima parte si accampò a sud, attorno
al tempio di Esculapio; la seconda parte ad ovest, nel lato che guarda la porta
Eraclea. Esculapio, divinità della medicina, figlio di Apollo e della ninfa
Coronide. Appena nato, morta la madre (condannata al rogo perchè adultera),
venne affidato al centauro Chirone che gli insegnò la medicina.
Numerosi restauri sono
stati eseguiti sul tempio a partire dal 1926, quando, su iniziativa del
capitano inglese Alexander Hardcastle e di Pirro Marconi, fu demolita la casa
colonica costruita sopra il tempio, sino agli ultimi interventi di tipo statico
e conservativo delle superfici lapidee.
Elvira Nania
N.B. I Post successivi saranno dedicati agli altri 4 siti archeologici e monumentali inseriti nelle WHL dell'UNESCO: La Villa Romana del Casale a Piazza Armerina; Le Isole Eolie; La Val di Noto; Siracusa e Pantalica.
N.B. I Post successivi saranno dedicati agli altri 4 siti archeologici e monumentali inseriti nelle WHL dell'UNESCO: La Villa Romana del Casale a Piazza Armerina; Le Isole Eolie; La Val di Noto; Siracusa e Pantalica.
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