Un episodio davvero intenso ed emozionante che
segna le pagine della Storia dell’Arte Contemporanea è certamente l’incontro
che avvenne il 23 ottobre 1888 fra Vincent Van Gogh e Paul Gauguin ad Arles,
nella Casa Gialla dove i due artisti convissero per nove settimane.
Una relazione artistica fondata
su una reciproca ammirazione ma anche su una paradossale rivalità che portò i
due artisti ad una definitiva rottura.
Con pochi anni di distanza l'uno
dall'altro, piccoli di statura, Vincent e Paul, esclusa l'arte, avevano poco in
comune.
Paul Gauguin (Parigi, 1848 – Hiva Oa, 1903) pittore
francese.
Vincent
Willem Van Gogh (Zundert, 1853 – Auvers-sur-Oise, 1890) pittore olandese.
I due artisti, si formano
nell’ambito dell’Impressionismo, corrente pittorica sorta in Francia nella
seconda metà dell’800. Fu la riscoperta del paesaggio in pittura, gli
impressionisti lo ritraevano en
plein air (all’aperto) così
come appariva ai loro occhi. Riproducevano sulla tela le loro sensazioni e
percezioni visive colte dalla luce del giorno di cui divennero grandi
interpreti, ma ben presto se ne discostano manifestando le loro diverse
metodologie nel voler superare l’Arte del tempo ed imboccano percorsi artistici
autonomi e originali, fondamentali per lo sviluppo di nuove tecniche artistiche
lasciando spazio a nuove interpretazioni.
Già dalla primavera del 1888 inizia uno
scambio epistolare tra Van Gogh e Gauguin, in cui i due artisti si
tengono al corrente del loro lavoro e si scambiano idee.
L’uno è ad Arles e l’altro a Pont Aven, si
inviano schizzi ed anche due autoritratti dipinti nel settembre 1888.
Essi costituiscono una sorta di
dichiarazione in cui Gauguin si presenta come il Jean Valjan del Miserabili di
Hugo e Van Gogh come un bonzo giapponese : l’uno è l’artista ribelle, in fuga
dalla società e l’altro l’artista tutto concentrato su se stesso, l’uno
inquieto vagabondo, l’altro con una intensa vena mistica. Diversi
caratterialmente ma vicini artisticamente.
Molti loro dipinti, appartenenti
a quel periodo, mostrano, seppure in modo sottile, somiglianze stilistiche
caratterizzate da macchie di colore, contorni scuri e forme insolite.
Van Gogh, nell’attesa dell’arrivo di Gauguin
(nella Casa Gialla che aveva preso in affitto ad Arles) sistemò con cura lo
studio, con l’intenzione di condividerlo in ogni momento della giornata col suo
amico.
Decorò
le pareti con dodici grandi tele di girasoli: “Tutto sarà una sinfonia in blu e
in giallo”, affermò il pittore con la speranza di creare una collaborazione che
non avrebbe più avuto eguali nella storia dell’Arte.
Gauguin, nell’immaginario di Van Gogh,
rappresentò l’artista per eccellenza: ne ammirò le opere, condivise con lui la
forza che l’arte donava alle loro esistenze di “frontiera” e nello stesso tempo
gli invidiò anche la capacità di vivere una vita vera, fatta di affetti
familiari, di viaggi, di un lavoro normale come agente di cambio.
Paul Gauguin fu insomma per
Vincent Van Gogh una sorta di musa ispiratrice, un modello di arte e di vita
che mai sarebbe dovuto tramontare.
Gauguin giunse ad Arles il 23
ottobre 1888. Al contrario di Van Gogh, rimase subito deluso di Arles, «il luogo più sporco
del Mezzogiorno», e della Provenza: «Trovo tutto piccolo, meschino, i paesaggi
e le persone».
Il sogno di Van Gogh di fondare
un circolo di pittori che perseguissero un’arte nuova lo lasciava scettico; lo
irritavano soprattutto le abitudini disordinate di Vincent e la sua scarsa
oculatezza nell’amministrare il denaro che avevano messo in comune.
Gauguin si concentrò sul
paesaggio provenzale e su incoraggiamento di Van Gogh dipinse gli Alyscamps, il
cimitero romano di Arles e le fattorie dei dintorni.
Alyscamps - Paul Gauguin
Per le tele usavano un tipo
particolare di juta grezza. Gauguin ne acquistò 20 metri e fu per tutti e due
un nuovo esperimento. Su consiglio di Gauguin anche Van
Gogh andò contro le sue abitudini cercando di lavorare di più a memoria.
Per un po’ la convivenza tra i
due artisti sembrava procedesse tranquilla, data l’importanza del ruolo di cui
si erano investiti e il desiderio di apprendere l’uno dall’altro quanto più
possibile. Nacquero così numerosi dipinti affini per stile e soggetti.
Ma questo periodo così fertile
ebbe breve durata. Diversità di vedute e di carattere crearono un clima di una tensione che
culminò in uno degli episodi più discussi della storia artistica.
La convivenza durò solo
nove settimane: fra i due pittori cominciarono a palesarsi divergenze
inconciliabili. Le loro concezioni sull’Arte apparivano più lontane di quanto loro stessi
potessero immaginare ma non meno incisero sul traumatico distacco le loro forti
e complesse personalità.
Fu proprio Gauguin il primo ad
accorgersene, lui che forse rimase meno accecato dal talento di Vincent e
lucidamente scrisse con il senno di poi: ”tra i due esseri, lui e me, l’uno un
vulcano, l’altro anche in ebollizione, c’era in qualche modo, all’interno una
lotta in preparazione. Anzitutto trovai in tutto e dovunque un disordine che mi
urtava. La scatola dei colori era appena sufficiente a contenere tutti i suoi
tubi mai richiusi, e malgrado tutto questo disordine, questo pasticcio, un
tutto brillava sulla tela”.
Di lì a poco Vincent cercò di
scagliare un bicchiere su Gauguin, cercando di colpirlo in pieno viso ma non ci
riuscì.
Passarono appena poche ore, nel
buio di una strada vicino ad una di “quelle case” frequentate
dai due pittori, quando Van Gogh inseguì Gauguin con un rasoio.
Anche questa volta non riuscì a ferirlo: sarà lui stesso in preda ad un momento
di lucida follia a tagliarsi un pezzo del suo orecchio e a fasciarsi poco dopo
quasi orgoglioso del gesto compiuto tanto da realizzarne un autoritratto che
ancora conserva viva la memoria dell’insano gesto.
Paul Gauguin non aspettò più un
momento: partì il giorno di Natale del 1888, lasciando solo e con una
irrimediabile sensazione di abbandono Van Gogh.
Dovette essere molto il
risentimento e l’angoscia che attanagliarono l’artista olandese quando una
volta per tutte comprese che quello fra lui e Gauguin non era ormai che un
incontro “mancato”, un risentimento talmente forte che forse riuscì ad attutire
quel lampo di dolore che valse una delle mutilazioni più celebri della storia.
Non pochi guai attendevano Van
Gogh ora che il suo compagno di arte e di vita non sarebbe mai più tornato a
condividere con lui le stanze colme di luce della “casa gialla”.
Dopo l’insano gesto di Vincent,
Gauguin minacciato andò a dormire in un albergo e quando ritornò trovò la casa
piena di sangue e di curiosi. Avvisò Theo (il fratello di Vincent) che giunse
subito da Parigi affidando il fratello alle cure dei medici.
Gauguin e Theo ripartirono per
Parigi il giorno di Natale.
Vincent fu curato prima ad Arles, poi in una casa per alienati mentali vicino a
San Remy de Provence dove continuò a lavorare moltissimo. Solo nel maggio del 1890 lasciò la Provenza.
Trascorse tre giorni a Parigi dal
fratello e poi si recò a Auvers sur Oise.
Il 27 luglio si sparò in un campo di grano e morì due giorni dopo.
Gauguin gli sopravvisse tredici
anni , in gran parte trascorsi nei mari del Sud dove si trasferì una prima
volta già nel 1891.
Il 31 marzo 1903, il tribunale
multa e condanna Gauguin a tre mesi di prigione per calunnia, sovversione e per
opere blasfeme. Non sconterà la pena: la mattina
dell’ 8 maggio un pastore lo trova morto, disteso nel suo letto.
Il vescovo Martin, accorso alla notizia, si preoccupa di distruggere quelle
opere, ritenute da lui oscene, poi assolve la salma e gli concede una sepoltura
senza nome nel cimitero della Chiesa della Missione, che appariva – immagine
trascurabile e lontana, eppure incombente dall’alto nella tela dipinta pochi
mesi prima, Donne e cavallo bianco, una valle di paradiso naturale dove Gauguin
volle fondere ancora in un’armonia senza tempo l’umanità e gli animali di Hiva
Oa.
Pochi assistettero alla sua
sepoltura: presto dimenticata, la sua tomba fu ritrovata venti anni dopo e gli
fu posta una lapide con la semplice scritta “Paul Gauguin 1903″.
Vorrei concludere nel dire che la
collaborazione artistica tra Van Gogh e Gauguin fu una grande fonte
d’ispirazione per entrambi. Lavorarono insieme per nove settimane scambiandosi
idee ed influenzandosi a vicenda.
In Van Gogh prevalsero la rapidità,
l’immediatezza, una forza rapidissima del colore applicato direttamente sulla
tela, mentre in Gauguin prevalse uno studio più razionale, la meditazione, il
rigore della costruzione.
Entrambi così lontani e diversi nel loro modo
di essere ma così vicini e simili nelle loro capacità artistiche, tali da
rimanere uniti nelle pagine della nostra Storia dell’Arte Contemporanea.
Elvira Nania